Il Fatto Quotidiano - di M. Pagani

Il Fatto Quotidiano - di M. Pagani - 28 Gen. 2012

L’infanzia. Suo padre Alberico mandolinista autodidatta, il microcosmo di Corchiano, sua zia Pina attrice, la Roma del quartiere Trionfale. Odori, sensazioni, famiglia, gli albori da organista di matrimonio alla caccia delle “5.000” per spartiti e studio. Il racconto del Piovani meno noto fin da quando a tre anni, ottenne non senza fatica la sua prima fisarmonica.

Di quello che mi è successo prima dei tre anni non ricordo niente. E anche dopo, la memoria si è formata sui racconti dei miei familiari, tutti un po’ mitizzati col senno di poi e con lo zodiaco dell’amoroso affetto. La memoria fa scherzi graziosi: negli ultimi anni mi è capitato di incontrare degli ex alunni del ginnasio, i quali giuravano che io, durante le lezioni in classe, mi astraevo e, fra me e me, prendevo appunti di musica sottobanco. A me sembra improbabile, anzi credo che non sia mai accaduto.

Gli odori-umori dell’adolescenza? Le strade del quartiere Trionfale a Roma, così chiassose, così diverse allora da quelle limitrofe dell’elegante quartiere Prati. Al Trionfale c’era uno dei mercati all’aperto più favolosi di Roma, un fragoroso Suk Apostolico Romano.

Gli anni del Mamiani, il liceo più politicizzato di Roma. Facce, volti, compagni di strada che ricorda. I cinegiornali del movimento studentesco. I primi embrionali tentativi di colonna sonora.

Il sessantotto, a quelli come me, ha insegnato diverse cose, soprattutto coniugare il verbo riflessivo liberarsi. Poi, come sempre, mettere in pratica è tutt’altro discorso, e ne sono derivati fatti e comportamenti anche tragici, ma anche grotteschi. Ricordo un compagno della facoltà di filosofia che mi diceva: “La borghesia ci ha cresciuti sotto un altare minaccioso e paralizzante, in cui sono scolpite in pietra tre pesanti lettere: “D I O”. Noi dobbiamo smantellarle, con lo scalpello dobbiamo liberarci di questo peso reazionario”. Ma dalla fine politica che lui poi ha fatto, ho l’impressione che quel mio compagno, come molti altri, si sia fermato allo smantellamento della prima lettera, la “D”, e su quell’altare siano rimaste due gigantesche lettere di pietra: “I O”. Il trionfo del nacisismo.

…I cinegiornali del movimento studentesco sono stati il mio primo approccio con il lavoro musica-immagine. Ma avevo la fortuna di essere guidato da un maestro come Silvano Agosti, tanto geniale e tanto privo di senso pratico. Da lui ho imparato molto, e ancora oggi, quando lo incontro, osservandolo vivere nella sua testarda coerenza, imparo qualcosa: spesso su quello che si deve fare, ma anche su quello che non si deve fare.

La dimensione teatrale in una Roma dialettica e sperimentale. Cineclub, palcoscenico off, grandi e piccoli nomi che si fondono.

La conversione al teatro la devo al mio maestro in materia, Carlo Cecchi, incontrato dei palcoscenici off della Roma anni settanta. Prima quell’incontro pensavo con convinzione che il Teatro ( lo scriva con la maiuscola per gentilezza) fosse una lingua morta, un rituale stracco per abbonati anziani, borghesi e impellicciati, una lingua noiosa e inadatta a esprimere la contemporaneità. Non sapevo che il Teatro – quello vero – è la lingua artistica più moderna che esiste, comunicazione viva e potente. In questo equivoco sul Teatro si beano ancora molti intellettuali italiani, quelli che nei salotti si vantano: ”Io a teatro non ci vado mai!” Sarebbe bene affacciassero il naso per vedere e capire cos’è il Teatro fuori d’Italia; confondono il concetto di Teatro con i cartelloni pigri delle scene istituzionali italiane. Sarebbe come confondere l’informazione con Minzolini.

L’alchimista Piovani. Quella magia sottile che innesta musica e immagini, il lavoro di domani.

Sincronizzare in modo espressivo musica e sequenze visive richiede molta pazienza e concentrazione: anche perché siamo abituati - dalla pubblicità, dai videoclip, dalla televisione generica – a un rapporto spesso irrelato fra musica e immagini, un nesso volutamente illogico, non narrativo, o addirittura casuale. Questo va bene per la lingua dei pubblicitari, che necessitano di un approccio col video puramente istintuale, a-logico, estetizzante, di un montaggio che non si soffermi mai sui contenuti, bensì sulle suggestioni edificanti. Invece seguire con la musica il senso narrativo di una storia filmica è tutt’altra disciplina.

…Il prossimo film in uscita musicato da me è Comme un chèf regia di Daniel Cohen, con Jean Réno, che uscirà in febbraio a Parigi.

Lo sperimentalismo di Silvano Agosti e l’incontro con Bellocchio, De andrè e quello successivo con Fellini.

Le grandi personalità – e queste nominate da lei lo sono tutte – hanno la capacità di metterti in condizione di dare il meglio di te, di farti ricercare in zone che non avresti immaginato. I grandi registi sanno prendere molto dai collaboratori, ma nel mio caso quasi sempre è più quello che io ho preso da loro; con loro mi sento più in debito che in credito.

La dimensione teatrale

Come ho detto sopra, per me il Teatro è il termometro della vita di una civiltà, il sale di ogni cultura nazionale, il pane quotidiano che a una società rispettabile non dovrebbe mai mancare. Il Teatro popolare intendo, anzi, quello che i fondatori del Piccolo Teatro di Milano – Strehler e Grassi – chiamavano Teatro d’Arte Popolare. Mi auguro che il cambio di timone al governo segni un cambio di rotta nella attuale gestione mortificante del teatro italiano, da un lato sprecona e dall’altro elemosinante.

Il cinema e le sue collaborazioni. Un piccolo ritratto dei primi incontri da Fellini a Monicelli

Fellini, che non avevo mai incontrato dal vivo,  mi fece telefonare dal suo aiuto regista: “Il maestro Fellini vorrebbe incontrarla negli uffici del teatro cinque di Cinecittà!” Detta così, li per lì, pensai a uno scherzo. Sa, per me Fellini era il mito dei miti!

Monicelli per primo mi chiamò a scrivere musica per una commedia: “Il Marchese del Grillo”. Fino ad allora avevo fatto film molto drammatici e culturalmente impegnativi. Quando questo film con Sordi andò bene, Monicelli mi disse: “Non sei contento di esserti tolto di dosso la fama di musicista mortaccino?

… Nanni Moretti?! Che dire? È un artista vero, un poeta di valore; e forse anche un amico. Ma è uno che ha debuttato con un film intitolato: “Io sono un autarchico” Sa, cominciare la carriera proprio con la parola Io, probabilmente ti assegna un fardello del quale è poi difficile liberarsi. Nelle scuole di scrittura insegnano a non iniziare mai un periodo con il pronome io.

La consapevolezza di valere. Quando è arrivata, perché. Lui critica sempre il narcisismo ma la componente legata al valore del proprio lavoro non può non esistere.

Il senso rispettoso di sé non lo confonderei col narcisismo. Narciso, nella mitologia, è un personaggio che cancella il prossimo, è solo, muore nel cortocircuito del tentativo di baciare sé stesso. Altra cosa è una sana, naturale, umana vanità. Il narcisista è uno che soffre più del successo di un rivale, che di un proprio fiasco.

Ma Pascal diceva: “Non occorre spegnere le lampade altrui, per far brillare la propria”.

…Ogni volta che mi chiamano per musicare un film mi chiedo se sarò in grado di farlo. Poi ricordo una bella intervista di Gabriel Battistuta, il centravanti che arrivava alla Roma e che creava molte alte, ansiose speranze fra i tifosi. Gli chiesero se tanta aspettativa gli pesasse e lo intimorisse. Lui rispose: “Mi hanno chiamato per fare goal, una cosa che so fare. Se non fosse così, sarei intimorito”. Una bella lezione di rispetto per il proprio lavoro.

L’incontro con Elsa Morante. La spinta di Elsa.

Elsa Morante: uno di quegli incontri che ovviamente ti segnano per la vita, ti lasciano per anni una scia di benessere spirituale. Nel tempo che ho passato a parlare con lei – o meglio che ho passato ascoltandola parlare – ho imparato molto, di arte, vita, musica, ma soprattutto mi ha trasfuso ‘amore per la libertà mentale. È una meravigliosa cometa, e ancora ogni giorno ci combatto, per riuscire a conquistarne un po’.

L’episodio delle pseudonimo legato ad Ennio Morricone.

Fu un equivoco, durato dieci anni negli Stati Uniti, nato da un errore di traduzione di un’intervista rilasciata da Morricone a una rivista araba.

La compagnia della luna.

È una mia creatura, di cui vado fiero, che naviga fra le mille difficoltà del Teatro italiano, ma alla quale non so rinunciare. Fa parte proprio della mia voglia di libertà mentale avere questa piccola struttura: mi permette di realizzare gli spettacoli musicali che più desidero, senza dover troppo mediare con produttori privati o burocrati politicizzati. Il Teatro Musicale in Italia non è molto incoraggiato, soffre di equivoci culturali antichi e moderni, duri da smantellare.

Il senso del percorso volto a recuperare la tradizione.

Le devo citare un altro grande maestro, Eduardo De Filippo. Diceva che la tradizione è un trampolino di lancio per il futuro: tanto più si affonda nelle nostre radici, tanto più alto sarà il nostro volo nel futuro. Ma per conoscere le proprie radici bisogna amarle. E sono convinto che si conosce veramente solo ciò che si ama. Ad esempio, per quanto io abbia studiato la musica di Schoenberg, non posso veramente dire di conoscerla, perché non l’ho mai amata.

Il nuovo disco.

Viaggi di Ulisse è la mia ultima opera per il Teatro, è un concerto teatrale, per sei strumenti e voci registrate. (i nomi dei musicisti e degli attori sono sul libretto del disco) Insieme a noi musicisti, che suoniamo dal vivo, ci sono voci di attori, magnifiche voci che sono state campionate e vengono gestite, durante il concerto, dal tastierista. È un’opera ispirata al personaggio di Ulisse, una delle figure più gigantesche tramandate dall’antichità. Delle tante facce di questo eroe anti-eroe, quella che più mi affascina è quella della curiosità: Ulisse è un viaggiatore che vuole conoscere, è curioso di andare a vedere cosa c’è al di là del perimetro assegnato, al di là delle colonne con le quali gli dei imposero a Ercole di segnare i limiti del mondo, della conoscenza. Ulisse è disposto a rischiare il naufragio, per varcare i limiti di conoscenza in cui si vive. Ha lavorando con me allo spettacolo Milo Manara, che nei disegni a dato a Ulisse lo sguardo di Pier Paolo Pasolini, un eroe curioso di guardare al di là di ciò che appare, un grande Ulisse del ‘900. Ma oltre agli Ulisse  famosi, ci sono gli Ulisse anonimi, quelli che ogni giorno, in silenzio, senza visibilità, studiano per capire cosa c’è nello spazio universale, nella materia e nell’antimateria, oltre il visibile, dentro il comportamento dei neutrini, dei fluidi, del volo degli uccelli…

Ora quest’opera l’ho realizzata su cd, con un’etichetta che ho fondato a maggio, La voce della Luna, proprio per pubblicare e proteggere opere come questa, fuori dal grande mercato dei dischi commerciali.

Il senso della professione.

 Per chi lavora nel cinema la professionalità, anche se non è una bella parola, è imprescindibile. L’artista individualista, lunatico, inaffidabile, magari etilista, non è adatto a fare il nostro lavoro, che è anche lavoro di bottega; è magari strepitoso per lavori più anarchici, più solistici, protagonisti. Il lavoro sulle colonne sonore chiede molta concentrazione ed efficienza: però più che professionalità, io userei il termine artigianato, quello che un tempo implicava il cosiddetto amore per l’articolo.

L’età che scorre.

Un vecchio adagio popolare diceva: “A ogni stagione la sua canzone”. E presentemente canto questa, che non mi dispiace affatto. E poi credo che lottare contro l’età che avanza seguendo ineluttabili leggi cosmiche sia ridicolo, oltre che inutile. Anzi, se mi guardo intorno, per alcuni mi sembra una vera fabbrica di rancorosa infelicità

Il domani.

L’immediato: il 2012 italiano, rispetto agli anni precedenti, dovrebbe essere politicamente un po’ meglio, o un po’ meno peggio, faccia lei. Allargando invece i confini, per il futuro l’unico pensiero che mi si affaccia alla mente è l’indecifrabilità, l’imprevedibilità, l’incapacità di immaginare come sarà il pianeta dei nostri figli. Un sistema finanziario planetario sta rivelando la sua follia, mostrando le sue facce inquietanti, a volte delinquenziali, lo vedono ormai anche i non vedenti. Di modelli di sviluppo alternativi credibili non ne vedo molti, forse sono ben nascosti. O forse non so vederli io, e questa è la mia ottimistica speranza.

La Compagnia della luna

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